ParchiVarie

AIW scrive alla Sovrintendenza della Basilicata sul progetto “uova giganti”

ofiolite-parco-nazionale-del-pollino1L’Associazione Italiana per la Wilderness scrive al Sovrintendente Archeologico della Basilicata in merito al progetto “uova giganti, nel parco nazionale del Pollino. Di seguito la nota dell’associazione.”Avendo appreso della presenza di un sito di estremo valore archeologico nella località di cui all’oggetto, la scrivente Associazione ritiene di interessare la Soprintendenza in epigrafe affinché intervenga per quanto di sua competenza in merito al progetto indicato per opporsi al quale la scrivente Associazione aveva già provveduto ad inoltrare un istanza in data 19 marzo 2010 che si allega in copia. Si riporta qui di seguito quanto solo recentemente appreso dalla scrivente Associazione, facendo riferimento al seguente testo per le informazioni: Carta Archeologica della Valle del Sinni. Fascicolo 6:  Il massiccio del Pollino e le colline di Francavilla in Sinni, San Costantino Albenese, San Severino Lucano,  Agromonte, Magnano e Mileo. Edizioni “l’Erma” di Bretshneider 2001, a cura di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli. Il volume accoglie alcuni risultati della ricerca promossa dal CNR in accordo con il Ministero per i beni e le attività Culturali della Regione Basilicata e alcune strutture della Soprintendenza archeologica di Napoli, coordinato dal dott. Marco Malavasi e svolto dall’unità operativa della Seconda Università di Napoli, cattedra di Topografia Antica. Le informazioni sul sito di “Pietra Capalba” (meglio nota come Pietra Capanna… o Capavola) si trovano a pagg. 115-118  del volume, digitalizzato su googlebooks, volume online facilmente consultabile al seguente indirizzo, dove si trovano piante e foto del sito, oltre che la sua descrizione.

Il sito è individuato con i seguenti codici: Sito 675. Timpa di Capalba (F. 221, N.O.  – 2625988-4424444) ed è indicato come: Insediamento; età ellenistico-lucana. Secondo quanto da noi compreso si tratta di resti di antiche mura di uno stazzo di pastori, a ridosso dei macigni della frana, con edifici risalenti ad epoca ellenistica-lucana: i resti del vasellame trovato risalgono anch’essi a quell’epoca. Presumibilmente doveva trattarsi di un luogo di culto.

Citazioni dal testo:
“Siamo qui a quota 1192 s.l.m e vi sono le tracce di vecchi ambiti costruiti con muri a secco, addossati alla rupe e ai macigni della frana; appartengono presumibilmente ad uno stazzo per il bestiame. Proprio sotto queste rovine e sotto i macigni della frana, schiacciati dal crollo della rupe che è più antico della costruzione delle strutture accennate, si riconoscono altri muri, ben costruiti di pietre a secco (fig.23). Sono appena riconoscibili sull’interro e sono costruiti con pietre montate a doppia cortina sulle due facce o anche a blocco unico per lo spessore, larghi 80-100 cm. Ridossano l’ambiente alla roccia viva del monte, quella anteriore alla frana, e chiudono un ambiente rettangolare aperto, per quel che ne resta, verso sud-est. L’ambiente è largo 7 m e profondo, per quanto conservato, 8.
“… non dubiterei dell’antichità degli edifici, la cui vetustà è attestata dal fatto che si sovrappone loro lo stazzo e soprattutto sono coperti dalla rovina della frana, utilizzata questa, per altro, dall’ultima costruzione. La frana, comunque, deve essere di età remota. I muri che ritengo antichi si possono  essere ben conservati e resi oggi visibili perché si trovano a riparo della rupe e sulla dorsale del terreno che le si addossa dal lato a monte, per cui questo suolo è l’ultimo a subire sollecitazioni di scivolo verso valle.
“I materiali ceramici riportano a una frequentazione del sito in età ellenistico-lucana. Da notare è l’assenza di tegole, che può far intendere l’edificio rettangolare scoperto, cioè un recinto, o fornito di tetto di tegole di legno o frasche; nel caso sarebbe stato provvisto di capriate notevoli, dovendo estendersi su di una larghezza di almeno 10 m.
“Il fatto che la rupe caratterizzi così la contrada, con l’aspetto cupo e le masse arrotondate rispetto alle rocce bianche e frastagliate della regione, lo stradello che sembra salire ad una vetta così liscia e vuota, suggestionano a proporre un luogo di culto, anche se non vi sono altri elementi a favore.” (Lorenzo Quilici pagg. 115-118)”.
Nel volume è anche evidenziata una pianta delle strutture, con l’indicazione di quelle più antiche (a, b, c…); pianta che si allega in copia. Certi di un vostro pronto intervento a difesa di questa importante, ma anche suggestiva, località, molto distintamente si saluta.[il segretario nazionale AIW – Franco Zunino]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *