Associazione AIW, Dio salvi l’Orso…e l’ambiente naturale del parco d’Abruzzo da chi dice d’amarlo
E’ ormai notoria la situazione drammatica in cui versa la popolazione di Orso bruno sopravissuta fino ai giorni nostri nelle montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo e suoi circondari. Così come è notorio il fatto che uno dei problemi più drammatici connessi alla sua capacità di poter ancora continuare ad esistere e, magari (tutti lo sperano!), aumentare di numero per portarsi ad un limite di sicurezza – limite che invece si allontana sempre più di anno in anno – sia la possibilità per gli individui che ancora compongono la popolazione (si dice, sì e no, attorno al numero di 50) di trovare quelle fonti alimentari di cui ha goduto per migliaia di anni: pecore ed altri armenti, campi coltivati (a granoturco, grano, lupinella, ecc.). Fonti alimentari che nel volgere degli ultimi decenni sono praticamente sparite da gran parte del suo areale di vita a causa della drastica diminuzione e sparizione delle pratiche agricole da parte degli abitanti locali.
Ebbene, anziché provvedere a sopperire a questa mancanza con semine “artificiali” (culture a perdere) da parte dell’Ente Parco e di quelle organizzazioni che da anni dicono di battersi per la salvezza di quest’animale, non solo l’Ente Parco, ma anche associazioni cosiddette “ambientaliste” (ma in realtà con finalità piuttosto di promozione turistica) non fanno altro che andare a piantare alberi di mele domestiche nella speranza che prima o poi comincino a fruttificare (anche se la maggior parte di quelle piantate negli ultimi dieci anni sono semplicemente morte); ciò per aumentare le potenzialità trofiche per l’orso (solo per il periodo autunnale, bene che vada!). Come sostiene l’ex Guardiaparco Gerardo “Lillino” Finamore, “nel Parco d’Abruzzo ci sono già migliaia e migliaia di alberi di mele selvatiche in grado di fruttificare e di soddisfare ampiamente quei “quattro” orsi rimasti!”
Oggi leggiamo con enfasi che si è proposto, e si sta anche attuando, la pratica di innestare alberi di mele selvatiche con mele domestiche! Questo dove? Nell’ambiente naturale dell’Orso bruno, quindi con un’operazione non solo e non tanto inutile (perché appena quegli alberi cominceranno a fruttificare saranno proprio gli orsi a distruggerli nel volgere di una sola stagione), ma arrecando danno anche alla biodiversità naturale di quei luoghi! Ora, che lo facciano dei privati privi di conoscenze e pieni solo di buona volontà è comprensibile. Che lo esalti l’Ente Parco sprecando mezza pagina del suo notiziario, è solo estremamente deplorevole, soprattutto alla chiusura del 2010 anno che l’ONU ha dedicato proprio alla salvaguardia della Biodiversità. E’ un voler far credere di fare qualcosa, quando di fatto non si fa nulla e, peggio, si aggiunte danno a danno. Quando ben altre sarebbero le cose da fare ed i provvedimenti da prendere.
Se si vuole aiutare l’orso, oggi – perché è oggi che l’orso ha bisogno di risorse alimentari – si provvedesse a seminare con granoturco, grano e carote almeno qualcuno delle migliaia di campi abbandonati, non già piantare mele o, peggio, innestare gli alberi selvatici. Oppure, se proprio si vuole essere ancora più direttamente concreti, si distribuiscano qua e là nei boschi (mai nello stesso posto, però, per evitare forme di addomesticamento) sacchi di mele a diretta disponibilità dell’Orso. Frutti che, o mangerà l’orso (o il suo competitivo cinghiale, per ridurre il quale nessuna fa nulla!) o se non altro finiranno per marcire al suolo creando humus; ma non arrecheranno danni ambientali.
Franco Zunino
SEGRETARIO GENERALE AIW
Già studioso dell’Orso Bruno Marsicano