Un nuovo studio scientifico rivela che il rumore interferisce con in normale comportamento della fauna che vive nelle aree protette. Natura incontaminata, aria pura e silenzio. Sono alcune delle caratteristiche che da sempre – e a ragione – l’immaginario collettivo attribuisce alle aree protette. Oggi però, la tranquillità che regna di solito nei parchi naturali rischia di essere turbata definitivamente dai rumori delle attività umane. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Trends in Ecology and Evolution, che ha analizzato l’inquinamento acustico in 55 siti dislocati all’interno dei parchi nazionali statunitensi. Dimostrando che i decibel causati da traffico aereo, stradale e finanche navale sono udibili per oltre un quarto della giornata nella metà dei siti monitorati, e addirittura per mezza giornata in 12 di essi. Il frastuono non è soltanto un fastidio per i visitatori, ma rappresenta un problema concreto per gli animali che vivono nei parchi. L’inquinamento acustico, ad esempio, disturba le attività di caccia di gufi e dei pipistrelli, altera il canto degli uccelli e interferisce con il richiamo d’amore delle raganelle. È facile immaginare che in Italia, dove i livelli di urbanizzazione e la densità demografica sono nettamente superiori rispetto a quelli dei parchi Usa, la situazione possa essere ancora più preoccupante. Lo studio americano si conclude con l’esortazione a tener conto anche nel controllo di livelli di rumore nella gestione delle aree protette.[Fonte: parks news]