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Natura selvatica: l’Amazzonia da difendere comincia sotto casa

La natura e la sua biodiversità sono al centro della preoccupazioni delle Nazione Unite, che con l’istituzione della World Wildlife Day, la Giornata mondiale della natura selvatica, ci ricorda che la tutela della vita selvatica non è un suggerimento, un’opzione o un atto di volontariato, ma è il problema focale della vita di ciascuno di noi. Non c’è più tempo da perdere.

Non era una profezia, ma una semplice previsione di chi conosceva bene il codice di Gaia, quella del famoso etologo e zoologo austriaco, Konrad Lorenz, che già negli anni settanta, in pieno boom economico, parlava di una “rovina ecologica”, di cui avremmo preso atto solo nel momento del “declino economico”. Non c’è bisogno di Liste rosse o dei Report delle varie agenzie ambientali sullo stato di attuazione delle politiche di Conservazione della Natura (Direttiva Habitat e Uccelli), per prendere coscienza della paurosa erosione di specie viventi e del mortificante stato delle aree rimaste selvatiche.

I cieli privi di rondini, le campagne senza passeri, i parabrezza delle auto non più incrostati di insetti, i corsi d’acqua ridotti a canali e fogne a cielo aperto, le riserve naturali ridotte a cittadelle assediate, non danno spazio a fraintendimenti, in una società in cui i bisogni più immediati ed elementari, come l’aria da respirare, l’acqua da bere, il lavoro gratuito di zone ancora selvatiche, sono considerati un lusso. Tutto ciò che non è utilizzabile per la vita e l’economia, non costituisce un valore irrinunciabile e, fino a quando non è resa produttiva di denaro, la natura è ritenuta un ostacolo alla democrazia e allo sviluppo, il massimo dell’inutilità, del superfluo, degno giocattolo per ecologisti da salotto.

La questione ecologica apre a qualcosa di più profondo. Mette in discussione il nostro modo di guardare a noi stessi, agli altri, al territorio, all’organizzazione sociale, al sistema scolastico, alla qualità dell’ambiente urbano che modellano profondamente le nostre relazioni e inducono una cultura, una morale, un’etica collettiva. Se vogliamo essere più ecologici dobbiamo sentirci più ecologici; sentirci parte di una rete di relazioni armoniche da cui ci siamo sottratti. Guardare al futuro con un diverso orizzonte.

La difesa della foresta amazzonica inizia sotto casa, dalla natura che è intorno a noi. Si rivolge all’aiuola abbandonata ai margini della strada, ai preziosi fossi urbani ancora aggrediti dal cemento; alle quercete storiche, ai corsi d’acqua e a quell’ assieme di suolo, vegetazione, animali, paesaggio, che non si può ricostruire, ma si deve solo conservare.

Dobbiamo guardare al futuro con occhi nuovi e un diverso modo di operare. Milioni di boccioli coloratissimi, papaveri, margherite e, persino, specie rare di orchidee e di farfalle, punteggiano molti angoli di strade e i prati di molte contee inglese, che hanno rinunciato ai prati inglesi e al taglio continuo dell’erba per consentire la sopravvivenza di specie che apparivano condannate, tra cui le api e gli insetti bottinatori, la cui assenza sta mettendo in crisi l’intero settore agricolo del paese. Salcerelle, gigli acquatici, tife, equiseti e cannucce d’acqua, insieme e altre specie ripariali che accompagnano il tratto cittadino del Basento, non sono immondizia da rimuovere.

Sono fonte di una bellezza che nutre l’anima e la mente e costituisce, nel contempo, un sistema altamente specializzato che arricchisce le acque di ossigeno, alimenta la fauna acquatica, attenua la velocità dell’acqua stabilizzando gli argini, riduce lo scorrimento superficiale delle acque di dilavamento delle strade e le filtra. In quel tratto di fiume, un tempo caro ai potentini e che riviste specializzate non hanno esitato a definire una fogna chimica, diventano indispensabili per estrarre, dal fango e dai sedimenti, metalli pesanti e sostanze tossiche.

Costituisce un habitat diversificato per flora e fauna, che garantisce un elevato livello di biodiversità e un prezioso corridoio ecologico. La riserva regionale del Lago di Pignola è stata istituita per sottrarre al degrado umano un habitat ad alto valore naturalistico, tanto da essere identificata quale sito Natura 2000 dalla Commissione Europea e area umida tutelata dalla convenzione di Ramsar. Ci siamo impegnati a livello internazionale per la sua conservazione, e questo richiede una linea strategica ben definita.

La gestione dell’area non può limitarsi al solo specchio d’acqua, ma alla tutela di tutti quei micro- habitat, che unendosi come le tessere di un mosaico vanno a costituire l’intero ambiente, fornendo disponibilità di cibo, siti di riproduzione idonei, una specifica struttura della vegetazione, la presenza di specie competitrici o preda e di individui conspecifici. Per la limitata dimensione del sito, va assicurata alle specie presenti la possibilità di spostarsi in ecosistemi adiacenti, alla ricerca di nuove aree da colonizzare e per garantire nuovi flussi genici, pena la diminuzione drastica o la riduzione a zero delle loro possibilità di sopravvivenza nel tempo. Rendere permeabile ai movimenti delle specie il paesaggio circostante, tramite l’implementazione di una fascia tampone e corridoi ecologici idonei, risulta fondamentale.

Un tale ruolo , tuttavia non può essere garantito con la costruzione di piste ciclabili e camminamenti umani illuminati e non protetti, ma con varchi privi di disturbo antropico, come piccoli corsi d’acqua e stepping stones. La forte pressione antropica, che nel tempo si è creata dell’area, implica una vigilanza ecologica che ha come premessa irrinunciabile il mantenimento della recinzione, che attualmente delimita i confini del sito, per assicurare una presenza umana adeguata alle capacità di carico di un sistema, diventato estremamente fragile a causa di politiche di sviluppo poco coerenti, con le peculiarità del territorio. L’Onu ci ha fornito un segnale che sta a noi cogliere, se vogliamo garantirci uno sviluppo reale e non effimero.

Ognuno è chiamato a fare la propria parte ripartendo dai propri desideri e dei propri interessi vitali, per vivere in questo pianeta nutrendoci delle sue risorse, con coscienza, conoscenza e rispetto, senza immaginarci di soggiogarlo, né di trasformarlo a casaccio o secondo interessi insostenibili.[* a cura del prof Albano Garramone, naturalista, già presidente del WWF Basilicata – Foto: notiziedaiparchi, fiume Basento – Potenza]

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