Oltre sette anni sono ormai passati dalla Primavera di Pescasseroli 2002, allorché un eroico “commando” determinò (ufficialmente senza appoggi esterni) quei grandi e improvvisi cambiamenti ormai passati alla storia come “blitz”, “golpe” o “giallo” del Parco più antico, famoso e amato d’Italia. Su queste vicende il Comitato Parchi ha raccolto (anche grazie ad aiuti esterni) una abbondante documentazione, che entrerà a far parte della grande “storia del Parco”. Fedele all’impegno assunto con i suoi sostenitori (pochi, secondo i detrattori), il Comitato fornirà ora, a poco a poco, alcune sintetiche anticipazioni sui punti essenziali. Caratteristica comune dominante, in tutte le vicende del Parco, è stata soprattutto la continua, pervicace e insidiosa azione denigratoria e calunniosa nei confronti di chi ne è stato Soprintendente per lungo tempo (1969-2002). Una azione malevola e sleale, forse frutto di pettegolezzi e disinformazione, alla quale nessuna persona dotata di un minimo di onestà intellettuale avrebbe dovuto soggiacere. Frutto di enormi interessi contrari, oligarchie e poteri occulti, ambizioni partitiche, secondo molti. Ma anche, ad avviso di altri, di alleanze e cordate per la scalata al Parco, personalismi, meschinità, invidie e gelosie. A detta di un vero amico, uno dei “padri della patria” e presidente del Parco nel suo periodo migliore, il direttore veniva sempre “sansebastianizzato”, secondo altri era costantemente “cannibalizzato”. L’interessato preferiva invece l’icastica definizione dei suoi più giovani amici, avidi lettori di fumetti: “tiro da capanno a bersaglio in movimento”, o ancor meglio “uomo bianco al palo della tortura”.
In questo poco esaltante contesto, anche recentemente, malgrado sia ben nota l’interminabile serie di assoluzioni ottenute, valanghe di accuse e allusioni in merito a pretese “gravissime colpe” dell’interessato non hanno cessato di circolare. Colpe ovviamente inesistenti, ma prontamente amplificate da torme di giustizialisti, inquisitori e “sepolcri imbiancati”. Sempre espresse dietro alle spalle e senza alcun contraddittorio, magari all’ombra di qualche intoccabile ombrello istituzionale.
Non è certo possibile replicare singolarmente a ogni accusa o accusatore, ma è doveroso non lasciare che una delle più belle e disinteressate storie italiane vissute nell’ultimo mezzo secolo in difesa della natura svanisca nelle torbide nebbie delle falsità, o scompaia nel sotterraneo delle realtà dimenticate. Occorre offrire a tutti la conoscenza di alcune semplici, chiare e incontestabili verità. Nei 33 anni di vita al Parco, il direttore era stato accusato di ogni genere di malefatta: avere una lussuosa villa nel Parco, andare a caccia di camosci, far parte della P2, ospitare terroristi, bloccare lo sviluppo dell’edilizia locale perché pagato da Cortina d’Ampezzo, lanciare lupi siberiani dall’aereo e vipere letali dall’elicottero, aver assunto nell’Ente tutto il parentame… e chi più ne ha, più ne metta. Finora, il numero di addebiti, accuse, indagini, ispezioni, interpellanze e imputazioni aveva superato quota 2.000.
Potremmo concludere il discorso semplicemente rispondendo a privati e pubblici accusatori che “ciascun dal proprio cor l’altrui misura”, come ammoniva Metastasio. Invece, a scapito della leggendaria privacy, preferiamo esibire la “fedina penale” più recente, del tutto immacolata. Risulta quindi assodato che tutte quelle accuse erano false, che coloro che le propalavano erano emeriti bugiardi e che l’interessato risulta, ad ogni effetto, completamente “incensurato”. [ Comitato Parchi – Comunicato stampa n. 57 / luglio 2009]